Claudio Piersante
"Terra Lundane"
Caro Tontodonati, ho letto i suoi sonetti abruzzesi, uno dopo l'altro con ansia, sollievo, piacere. Non li ho soltanto letti; li ho recitati, con il mio abruzzese, che so pensare ma che non ho mai parlato; più spesso ancora li ho immaginati, guardati. Il paesaggio abruzzese per me è "soltanto" un paesaggio interiore, immobile, e spesso triste, a volte lucido, ma come un'istantanea. E dolce, anche se non saprei spiegarmi perché. Il caldo, colli spesso aridi, pini, però di colori vivissimi, gli odori dei campi arati, il sapore un po' aspro del vino, uova e peperoni al mattino, le mucche appesantite dal lavoro che tornano lentamente scuotendo la testa come i contadini che ie guidano. La Maiella, che sta in fondo a tutte le cose. Le notti profonde, i cani che si abbaiano, i grilli. A Canzano nelle case di campagna si sentono le voci gridate dai contadini che si parlano a chilometri di distanza: spesso si chiedono il pane, o domandano di qualcuno che anche non è tornato. E la sua poesia ha l'intensità di tutte queste cose, la loro verità: non è rimpianto di una geografia, di una città sommersa-.. Infatti tutto il mondo è paese, un modo di dire che significa: rimpianto non ci deve essere mai! Il ricordo invece è più silenzioso, senza commemorazioni lamentose o idilliache. E materiale importante della poesia, che non ha certo l'illusione di mutare il passato, ma lo fissa, lo mette a fuoco, lo osserva immutato. Odori, sapori, caldo, freddo; tutto è immutato, perché il poeta non ha bisogno di "svisare, o di chiaroscuri, di effeti speciali. La poesia non è uno smarrimento lezioso, ma un atto di presenza, di lucidità, il pensiero rigoroso della mente. Ecco, la sua poesia è estremamente lucida, senza consolazione, o almeno non ne aggiunge a quella che tutti hanno, così irragione volmente nella forma di santi, di luoghi, disegni sacri. La Maiella, appunto... il Gran Sasso, alto come Dio. Anche della saggezza (del giudizio morale), ugualmente irragionevole, lei fa uso discreto: usa quella che c'è vale a dire ne usa il linguaggio, l'intercolore. Su questo mi sembra molto centrato l'intervento di Ghignone. Ho letto dei sonetti classici, asciutti, taglienti, che non riguardano il folclore, la superficiale ricerca etnologica, ma la buona poesia, nei suoi toni più alti. Come vede non le ho abbozzato una "critica" (che se ne farebbe?) ma le ho indirizzato un messaggio privato - la mia lettura. un intreccio di memorie, di culture, provocate dal luogo della sua poesia, preciso come un luogo lungamente cercato e finalmente raggiunto. Di tutto questo la ringrazio. Con cordialità e stima.
"Gna lu sanghe la terr'à rrecuperte, / la serpa nere smamme dalla tane, / e striçe sole... ammezz' a nnu deserte...!"
Claudio Piersante